Domenica di niente

Se qualcuno cercasse di capire il tuo sguardo
poeta difenditi con ferocia
il tuo sguardo son cento sguardi
che ahimè ti hanno guardato tremando.

Alda Merini

Fra le tante cose che si possono fare durante la domenica io ho scelto di non fare niente. Si, perché più niente non riesco a fare.

Aspetto tutta la settimana che arrivi la domenica e mi riprometto sempre che non mi impigrirò. Leggerò “quel” libro che sta sullo scaffale da troppi mesi, riprenderò a scrivere sul mio primo blog [a cui continuo ad essere affezionata, a cui resto aggrappata come al mio passato], manderò una mail ad un’amica lontana, ricercherò nuovi siti di e-recruitment  [si, sto cercando un nuovo lavoro].
Mi riprometto di fare un’insieme di cose che poi puntualmente non faccio e quando la sera vorrei tornare indietro alle prime ore del mattino, ormai è troppo tardi: una nuova  [brutta] settimana mi aspetta.

La domenica è mia e solo mia.

Non ha uno schema predefinito, non c’è il collega a cui fare il sorriso di malavoglia [e ascoltare i suoi tremendi discorsi che non hanno un filo logico nella vita e nella mente di qualsiasi persona normale esista al mondo], né è presente la mia nuova vita ricca di cinismo tutt’attorno, d’incomprensioni, false attese e alienazione.
È una domenica in cui può starci dentro solo chi amo, solo chi si presenta a casa mia con delle rose senza un motivo preciso se non quello di farmi felice e strapparmi un sorriso vero.
In questa domenica, calda e raffreddata, non c’è posto per le cose materiali, non scrivo parole per qualche euro, non faccio una lista di quello che vorrei comprare durante il mese.

In questa giornata di niente c’è spazio per tutto quello di cui avevo bisogno per sentirmi più leggera!

Colpire dove non puoi difenderti

Tu eri la verità, il mio confine, 
                   la mia debole rete,
                   ma mi sono schiantata
contro l’albero del bene e del male,
ho mangiato anche io la mela
della tua onnipresenza
e ne sono riuscita
vuota di ogni sapienza 

Alda Merini 

 

Quando arriva la sconfitta smetti di pensare. Smetti di credere. Di ridere.
Arriva senza preavviso, senza un motivo valido, ti colpisce dove non puoi difenderti.

È una sconfitta lenta, agghiacciante, che ti leva il terreno in cui cammini ogni giorno da tempo, serenamente. È una sconfitta che vorresti distruggere, prendere a calci, morsi e pugni.
Inutile.
Troppo tardi. Ti ha annientato.

Strano come qualcosa di così astratto possa avere così potere. Strano quanto reale.

… eppure litigare spesso aiuta a spiegarsi, conoscersi, capirsi … aiuta a trovare una stabilità di coppia più pura e giusta, di quelle che ti fanno andare avanti per un percorso definito.
Ma io dal litigio ne sono uscita sconfitta.

Senza avere offeso, senza aver ricevuto una parola più mite o soltanto più leggera, con sola indifferenza.

Il peso delle parole rimbomba dentro la mia testa, dopo una notte insonne e priva di forze.
Non trovo consolazione nella mia sconfitta. Solo rabbia per una debolezza che non vorrei avere. E certezze che mi passano davanti mentre mantengo congelate lacrime che oggi non sono meritate.

 

Saltellando qua e là ..

In questi giorni di ferie forzate “saltello” da un episodio all’altro della mia vita, penso a persone che ho conosciuto e frequentato poco, ma con cui ho vissuto anche pochi attimi di me.
È come se fosse arrivato il momento di fare i conti, non c’è scampo, non ci sono impegni che ci liberino dal pensare. E allora questi pensieri vengono fuori dal cilindro senza darsi un ordine logico, pretendono di essere presi in considerazione anche se non capiscono che di tutto ho bisogno ma non di certo di riflettere sulla mia vita.

Da venerdì ho tutto il tempo che voglio, tutte le ore delle giornate [ore interminabili] per mettere ordine nella mia testa.  Perché si sa che la routine quotidiana ti impedisce di fare voli psicologici su quello che eri/ sei diventata. Se lavori o studi trascorri la tua giornata tra i vari impegni e arrivi all’ora di cena che hai solo voglia di spalmarti sul divano per riposare un po’.
In questi giorni io sto soltanto riposando e non ho tempo per altro. Anche se ce l’avessi il tempo non potrei usarlo.

Ma io sapevo che dovevo fare questo intervento stupido e innocuo, non sapevo però che era una menzogna che fosse così stupido. La mia folle idiozia mi ha fatto credere che la ripresa sarebbe stata veloce, che avrei camminato dopo due giorni, che non avrei sofferto.
E anche se sono contenta di essere entrata in sala operatoria con il sorriso, anche se mi ha fatto piacere ricevere i complimenti dalle infermiere, ci sono dei momenti in cui non vorrei essere forte. In questi momenti vorrei essere abbracciata e smettere di sentire dolori.

E poi vorrei sorridere e sentirmi in colpa, perché ci sono dolori peggiori e interventi peggiori e io sono una ragazza fortunata.
Sono fortunata e amata da tutti e prima o poi mi riprenderò e potrò uscire a cercare le scarpe da mettere il giorno del matrimonio della mia migliore amica, potrò ballare fino allo sfinimento e incrociare le gambe da sentire ogni muscolo tirato.
E quando potrò fare tutto questo, mi ricorderò dei giorni di riflessione in cui ho ripreso in mano la mia vita, ho letto quanto volevo, scritto in ogni pezzo di carta che avevo vicino al divano, sentito amiche che non posso sentire sempre.

Questi momenti saranno soltanto una mia ricchezza, mia e solo mia, e tutte le lacrime che vorrei far scendere ora non resteranno nemmeno tra i ricordi, saranno lacrime mancate, un’occasione persa.

Tra me e me

Dopo due mesi no stop oggi ho trascorso la domenica in completo relax. Senza sveglia né pensieri quotidiani la giornata è quasi finita, ma sono contenta di aver ricaricato le batterie.
Sì perché in questi ultimi venti giorni mi sono sentita veramente scarica. Ho cambiato le mie abitudini tant’è che la mia vita ha subito scossoni a dir poco importanti.
Questi due mesi sono stati massacranti perché i miei due lavori sono concisi e ho trascorso i giorni a lavorare dalla mattina presto fino a tarda notte.

È stato massacrante, ma è passato.
.. perché ormai un lavoro l’ho finito e ora mi resta solo quello a tempio pieno.
E dopo tre svenimenti in tre settimane, dopo aver scoperto che devo essere operata al ginocchio oggi finalmente è tutto finito.

Ieri è stato un sabato speciale. È stato un sabato in cui mi sono svegliata più tardi e sono uscita a fare shopping. Che lavorare senza poter fare quello shopping compulsivo che da sempre sognavo non immaginavo potesse succedere nella realtà.

Mi sono trattenuta battezzata e amata.

Mi sono sentita un pavone (mancato).
Ed è stato speciale fare un regalo ad entrambi i miei fratelli, un regalo più grande alla mia cara sorella che in questi mesi mi ha ascoltato, consolato e supportato sul fronte.
Ho speso quattrocento euro in due ore e non me ne sono pentita. Ho fatto regali come se fossi babbo natale e aspetto che arrivi la volta di regalare qualcosa anche a mia madre, che ieri è stata la mia accompagnatrice e qualcosa l’avrebbe voluta anche lei.
Ho ricaricato le batterie sì. E ho capito che un kg in meno si vede anche troppo, ma che non importa, perché meritavo soltanto un weekend di relax e pace.

Vorrei avere più tempo per me, questo sì, ma oggi è l’inizio di un nuovo periodo, in cui non ci saranno più  due lavori, no, ci sarà la primavera, il sole, le mail alle amiche lontane, le lacrime versate mentre penso al passato recente, penne nuove da consumare e nuove agende da riempire.

Ci saranno libri da acquistare, perché ora me lo posso permettere.