Ieri, mentre parlavo con una truccatrice di un progetto per il sito che gestisco, mi sono accorta che studiava il mio viso. Ad un tratto, nel pieno di una chiacchierata piacevole, mi ha guardato e ha detto: “Ele tu non ti trucchi, vero?”
Sono rimasta senza parole.
No, non mi trucco o meglio non più. Tempo fa amavo farlo e prima di uscire dovevo farmi controllare da mio padre che puntualmente mi rispediva in bagno a farmi togliere la porcheria che avevo negli occhi. Quando ero ancora più piccola passavo il tempo a guardare mia madre mentre si truccava, lei che tuttora è sempre “mascherata” anche se deve stare tutto il giorno in casa. Quando invece ballavo, prima di un’esibizione, i ragazzi più grandi e più esperti volevano sempre truccare il mio viso e ce n’era uno in particolare, Antonio, che diceva a mia madre che avevo gli occhi per essere truccati. Io non avevo ancora dodici anni.
Poi c’è stata la scuola e l’università. Svegliarsi presto, fare tutto di fretta, ribellarsi alla vita e a ciò che facevo controvoglia.
Il trucco l’ho dimenticato.
Uscivo di casa con un po’ di fondotinta giusto per non sembrare troppo anemica, una passata di mascara con un accenno di fard (sempre per togliere quel biancore tendente al pallido) e via. La sera era bello passare creme e cremine (quella per la pulizia del viso, quella idratante, quella per il contorno occhi) senza dover pensare troppo al trucco della giornata.
Dopo gli studi è arrivato il lavoro anch’esso denso di poco trucco (praticamente inesistente). Tutte le mattine la sveglia suona molto prima di essere operativa in modo da iniziare la giornata con freschezza, senza far sempre tutto di fretta. Anche in quei momenti però il trucco passa in secondo piano, al massimo esiste il tanto amato weekend in cui si può anche pensare di dare una mascherata al viso.
Ecco, in tutto questo dire, da una frase innocua come “Ele tu non ti trucchi, vero?” ho capito che per me truccarsi è come un misuratore di benessere interiore. Quando sono infelice e scontenta della mia vita uscire senza trucco (e quindi anche un po’ trasandata) equivale a una piccola ribellione contro quello che devo fare, come se non volessi dare il meglio di me.
In questo mese di novembre ho pensato molto al mio carattere, a quanto sia difficile trovare il coraggio di cambiare la mia vita, alle varie possibilità perse e, peggio fra tutto, alla consapevolezza di far trascorrere il tempo senza continuare a lottare.
La mia cura salvifica da oggi fino alla fine di questo 2012 sarà truccarsi ogni giorno come se fosse un nuovo inizio, forse più bello.
Truccarsi per se stessi