Un inutile spreco di forze

Capita che nei momenti in cui dovresti passare ogni giorno a raccontare i cambiamenti della vita getti la spugna e ti arrendi al tempo, quasi come che le parole non avessero più importanza, quasi che tutto ciò che ruota attorno a questi cambiamenti fosse cosa da poco.
Ebbene, forse è la scelta più semplice, forse non raccontare, non scrivere equivale a rifiutarsi al cambiamento stesso come a dire “no, non sta succedendo niente, la mia vita non deve cambiare e continuerò a vivere nella mia solita normalità”.

È un assalto al tempo, un combattere contro i mulini al vento.
Un inutile spreco di forze.

Che tanto poi in quei minuti in cui ti guardi allo specchio sai benissimo come stanno le cose e a te stessa non puoi dire bugie, non puoi mentire. E mica sei scema, lo sai che i giorni passano e così anche i mesi e poi ti ritroverai a perdere tutti questi bei ricordi, tutto quello che ti ha arricchito, deluso, fatto gioire e cambiato.
Non importa, le parole non ti aiuteranno, anche se l’hanno sempre fatto.

Oggi contano solo i libri e aggrapparsi alle loro storie, le uniche che non permettono di pensare.

Misuratore di benessere interiore

Ieri, mentre parlavo con una truccatrice di un progetto per il sito che gestisco, mi sono accorta che studiava il mio viso. Ad un tratto, nel pieno di una chiacchierata piacevole, mi ha guardato e ha detto: “Ele tu non ti trucchi, vero?”
Sono rimasta senza parole.

No, non mi trucco o meglio non più. Tempo fa amavo farlo e prima di uscire dovevo farmi controllare da mio padre che puntualmente mi rispediva in bagno a farmi togliere la porcheria che avevo negli occhi.  Quando ero ancora più piccola passavo il tempo a guardare mia madre mentre si truccava, lei che tuttora è sempre “mascherata” anche se deve stare tutto il giorno in casa. Quando invece ballavo, prima di un’esibizione,  i ragazzi più grandi e più esperti volevano sempre truccare il mio viso e ce n’era uno in particolare, Antonio, che diceva a mia madre che avevo gli occhi per essere truccati. Io non avevo ancora dodici anni.

Poi c’è stata la scuola e l’università. Svegliarsi presto, fare tutto di fretta, ribellarsi alla vita e a ciò che facevo controvoglia.
Il trucco l’ho dimenticato.
Uscivo di casa con un po’ di fondotinta giusto per non sembrare troppo anemica, una passata di mascara con un accenno di fard (sempre per togliere quel biancore tendente al pallido) e via. La sera era bello passare creme e cremine (quella per la pulizia del viso, quella idratante, quella per il contorno occhi) senza dover pensare troppo al trucco della giornata.

Dopo gli studi è arrivato il lavoro anch’esso denso di poco trucco (praticamente inesistente). Tutte le mattine la sveglia suona molto prima di essere operativa in modo da iniziare la giornata con freschezza, senza far sempre tutto di fretta. Anche in quei momenti però il trucco passa in secondo piano, al massimo esiste il tanto amato weekend in cui si può anche pensare di dare una mascherata al viso.

Ecco, in tutto questo dire, da una frase innocua come “Ele tu non ti trucchi, vero?” ho capito che per me truccarsi è come un misuratore di benessere interiore. Quando sono infelice e scontenta della mia vita uscire senza trucco (e quindi anche un po’ trasandata) equivale a una piccola ribellione contro quello che devo fare, come se non volessi dare il meglio di me.
In questo mese di novembre ho pensato molto al mio carattere, a quanto sia difficile trovare il coraggio di cambiare la mia vita, alle varie possibilità perse e, peggio fra tutto, alla consapevolezza di far trascorrere il tempo senza continuare a lottare.

La mia cura salvifica da oggi fino alla fine di questo 2012  sarà truccarsi ogni giorno come se fosse un nuovo inizio, forse più bello.

Me

Truccarsi per se stessi

Domeniche letterarie

Non posso più fare a meno delle mie domeniche di libri. Nelle mie domeniche letterarie trascorro il tempo a leggere libri differenti da quelli che leggo in settimana e mi rilasso in un modo così dolce e puro che non potrei sostituire con altro. La mia ultima domenica passata in compagnia di Michela Murgia, con il suo ultimo romanzo/racconto «L’incontro» l’assaporo ancora come se si fosse fermato il tempo.
Oggi è lunedì ma attendo con ansia che arrivi una nuova domenica.

Senza paglietta …

Spazio spazio io voglio, tanto spazio
       per dolcissima muovermi ferita;
voglio spazio per cantare crescere
       errare e saltare il fosso
       della divina sapienza.
Spazio datemi spazio
ch’io lanci un urlo inumano,
quell’urlo di silenzio negli anni
che ho toccato con mano.

Alda Merini 

 

Ieri sono stata al mare, era il mio sabato libero.
C’era così tanto vento che la paglietta cadeva e volava, dovevo stare attenta che nessuno la calpestasse.

Anni fa non amavo il mare, non so perché ma mi faceva sentire a disagio. Non aspettavo che arrivasse l’estate né riuscivo ad andare oltre le apparenze.

… perché andare al mare non significa abbronzarsi e tornare a casa più belle…

Con gli anni il mio sentimento è cambiato e ieri mi sono accorta che sarei voluta restare “lì” per sempre.

Isolata. Silenziosa. Libera

Perché ho scelto un roccia, soltanto un pezzettino, e sono rimasta lì. Ho preso un libro di poesie e ho iniziato a leggere a voce alta, come una bambina dispettosa, senza che mi importasse che qualcuno mi sentisse.

E il rumore delle onde trasportate dal vento, le gocce d’acqua che delicatamente hanno bagnato le pagine del libro erano un sollievo.
In quel momento non c’era nessun fastidio.
È diversa la mia vita ora, continuo ad apprezzare le piccole cose come un tempo, ma le amo in maniera differente, continuo a non essere capita ma ne importa sempre di meno. E tengo sospese le parole come se persone non le meritassero. E leggo tra le righe, ascolto suoni mai ascoltati, recupero il tempo perso: ho un conto in sospeso con il mio mare.

 

Domani è un altro anno

Come si fa a valutare un anno appena passato?
Giorni e giorni pieni, difficilmente individuabili per tutte le cose successe, per i momenti belli e [forse] indimenticabili, per tutti i momenti più brutti e sempre impressi nella memoria.
Questo 2010 è stato uno degli anni più importanti della mia vita.

È stato l’anno della verità.

Un anno in cui ho capito che le cose più scontate, le amicizie che credi faranno sempre parte della tua quotidianità scelgono percorsi differenti da quelli che scegli tu, non sono più tanto sicure, non sono più sotto il tuo controllo.

… e tutto quello che è stato per anni certo e sicuro, ogni tua verità è sfumata in piccoli errori, dubbi, è diventata una bolla di sapone …

È stato un 2010 in cui ho costruito le fondamenta della mia vita. Una laurea da “vendere” in ogni campo, vedermi davanti allo specchio appassionata in settori che mai avrei pensato mi piacessero, scoprire che il 2010 è un inizio per una nuova vita, sicuramente migliore.  Un anno in cui ho amato la mia multisettorialità, le mie tante contraddizioni creative. Durante questo vecchio e ormai logorato anno ho imparato ad amare i miei limiti, a vendere ogni mia capacità con il sorriso, a non chiedere niente agli altri per non rimanere delusa.  Ho imparato che chi pensi non ti abbandonerà mai potrebbe farlo, senza cattiveria, ma perché ama più se stesso di te; ho capito quanto ho desiderio di conoscere, vedere, sapere …

Ho amato appassionatamente e pianto come poche volte è capitato.

Ma la cosa più importante in assoluto di questo 2010 è l’aver ri-acceso il mio più grande sogno, l’aver capito che non sono niente, che non sarei la vera me senza la mia sete di scrittura, la mia voglia di riempire pagine, di inventare storie, scoprire, giocare con le parole. Ho imparato che posso essere tutto, ma che se smetto di coltivare la mia sete di scrittura [come ho fatto in questi tanti anni] non sarei sincera, non sarei felice.

E gli occhi spenti e senza riflesso, che ho avuto durante gli anni passati, forse d’ora in poi non si vedranno più!
Welcome 2011!!!

Il mio natale …

Non si tratta di essere romantici. È solo che amo il Natale.
Mi è sempre piaciuta la festa in sé, non per ricevere regali né perché si va in chiesa “fingendo” di essere contenti di non essere altrove.
Mi piace il natale perché inconsciamente mi aiuta a sentirmi migliore, mi spinge a comportarmi diversamente rispetto al solito.
È una festa in cui non mi sento di pensare a me, di trascorrere le giornate come voglio. Nel mese di dicembre esistono gli amici a cui fare il regalo, i famigliari con cui non discutere, gli auguri gratis.

Perché il regalo per un amico non è soltanto qualcosa di commerciale e ipocrita, ma significa pensare a quella persona, dedicarle del tempo, scegliere, girare, scambiare, vedersi in compagnia di una tazza di tè. È un ricordo che porterai quando cambierai casa o che ti farà pensare ad una persona lontana.
Il regalo è anche un legame.

Il natale per me è rivedere chi mi manca, non trattenere le lacrime (sentendosi stupide) dopo che l’amica che non vedi da soli due mesi viene a casa tua per salutarti, è uscire più spesso con la tua famiglia.

Talvolta si critica una festa perché la si pensa solo per il suo lato commerciale, ma per me non è così.
Mi rende felice fare gli auguri a chi mi conosce poco, ma con chi condivido una parte della mia vita, non mi pesa uscire in giro e sentire canzoni natalizie e sconosciuti con pacchetti tra le mani; adoro scambiare i regali, commercializzarmi un po’, sorridere più volte al giorno.

E non perché sono buonista.
Per me il natale è questo, e a tutti (anche se non vi conosco di persona) auguro di trascorrere delle feste ricche di serenità.